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Journal Article

Citation

Cislaghi C, Costa G, Rosano A. Epidemiol. Prev. 2016; 40(1): 9-11.

Vernacular Title

Una strage o solo un dato statistico? Il surplus di decessi nel 2015

Affiliation

Demografo.

Copyright

(Copyright © 2016, Cooperativa Epidemiologia E Prevenzione)

DOI

10.19191/EP16.1.P009.005

PMID

26951693

Abstract

[English language abstract unavailable]


Language: it

Vernacular Abstract

Quando l’11 dicembre 2015 il quotidiano Avvenire ha pubblicato l’articolo del demografo Blangiardo dal titolo «Attenti ai morti», molti di noi, usi all’analisi dei dati di mortalità, sono rimasti basiti. Abbiamo subito pensato che ci si trovasse davanti a un errore di registrazione: 45.000 morti in più in soli otto mesi non si erano mai osservati e qualcuno li ha addirittura paragonati ai morti della Prima guerra mondiale, evocando così un evento che forse – come si vedrà in seguito – ne è la spiegazione, ma meno evidente di quanto si possa pensare.

La prima notazione su quanto successo è relativa al pressoché totale silenzio dei sistemi di monitoraggio sanitario. A posteriori, alcuni hanno fatto notare che loro «l’avevano detto», ma di sicuro quanti sono preposti alla vigilanza sanitaria, dal Ministero a tutte le altre istituzioni regionali e locali, non avevano sufficientemente preso in seria considerazione l’accaduto. Se i sistemi di monitoraggio non si attivano immediatamente per un aumento di tale entità, a che servono? Ora gli epidemiologi stanno studiando, analizzando, interpretando quanto successo, ma l’epidemiologia può essere solo una epidemiologia ex post, anzi, tardivamente ex post? A livello internazionale qualcuno se ne era accorto subito e aveva pubblicato una nota già a marzo 2015, ma nel pool degli autori non compariva nessun italiano e l’articolo era rimasto muto sulle riviste.1

La seconda notazione concerne quanto successo dopo, appena la notizia è rimbalzata: le facili interpretazioni si sono moltiplicate, alcune colpevoli di leggerezza, altre della voglia di usare la notizia per accusare qualcuno; ci sono state voci, per la verità, che hanno invitato alla prudenza nell’interpretazione dell’accaduto ponendo solo ipotesi relative alle possibili cause, ma anche avvertendo di quali potevano essere i pericoli di fraintendimento. L’Istat, per esempio, ha fatto un comunicato, peraltro forse un po’ scarno, in cui criticava quanti proiettavano i 45.000 decessi dei primi otto mesi sull’intero anno 2015 ipotizzando che potessero diventare 60.000 per un incremento lineare, ma rimandava ogni altra analisi chiarificatrice a quando fossero disponibili dati completi.

I dati ufficiali dell’Istat oggi sono abbastanza aggiornati per quanto riguarda il numero complessivo di decessi – che viene pubblicato con circa solo tre mesi di distanza dall’accaduto – ma la distribuzione per età dei deceduti è molto più tardiva e, purtroppo, la disponibilità delle informazioni sulle cause di morte ha un ritardo medio che supera i due anni. Molte Regioni, però, hanno anagrafi degli assistiti e sistemi di rilevazione della mortalità (i ReNCaM, Registri nazionali delle cause di morte) che perlopiù producono informazioni molto più tempestive, il che fa riflettere sulla questione se i sistemi informativi debbano o meno essere solo unificati al centro oppure siano più efficienti se anche attivi a livello regionale e locale.

I dati mensili Istat riportano un notevole eccesso di decessi rispetto al 2014 nei mesi di gennaio-marzo e poi nel mese di luglio; quest’ultimo è un evento di più facile lettura e peraltro già segnalato da chi si occupa di monitorare gli effetti delle ondate di calore. Il luglio 2015 è stato un mese eccezionale sul versante meteorologico e qualcuno ha suggerito che i sistemi di attenzione e prevenzione potrebbero non aver funzionato al meglio anche a causa delle ristrettezze economiche dei servizi sanitari dovute alla crisi economica, ma l’ipotesi non ha ancora una conferma. L’eccesso comunque più importante in senso numerico è stato sicuramente quello dei mesi invernali.

E’ stato facile, allora, dare immediatamente la colpa di tutto l’incremento all’influenza, sia indicando una maggiore probabile virulenza dell’agente patogeno nel 2015, sia sospettando una minore efficacia del vaccino distribuito sul ceppo virale in questione, sia, infine, riferendosi a una preoccupante diminuzione della copertura vaccinale più volte denunciata e innescata da una coincidenza tra inoculazione vaccinale e decesso in alcuni soggetti, coincidenza assolutamente spiegabile in termini probabilistici

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